EDUCAZIONE DIGITALE: intervista a Monia Papa.


Dopo una breve pausa riprende il viaggio intrapreso e dedicato all'educazione digitale.
Insieme, abbiamo già esplorato il senso di cittadinanza, quel senso che si amplia e assume una connotazione diversa ogni volta che varchiamo un confine e con esso i nostri limiti nel vedere e pensare in un determinato modo, un luogo o un certo modo d'essere diverso dal nostro, e del rispetto necessario che ci vuole per entrare in contatto con quest'ultimo, riuscendo a trovare in esso il posto giusto per noi.
Abbiamo dato un'occhiata generale al percorso, riflettendo sulla mappa, per noi rappresentativa di quel mondo virtuale delineato dai Social e ancora tutto da scoprire.
Come in ogni viaggio, abbiamo provato ad analizzare le difficoltà derivanti dall'incontro-scontro con un linguaggio diverso. Abbiamo cercato di capire le modalità con le quali cercare le informazioni che ci servono e come quest'ultime poi vengono condivise.
Ci siamo soffermati a raccogliere immagini da portare a casa, utilizzando quella creatività che in questa avventura virtuale c'è concessa.
E poi ci siamo fermati, per raccogliere il tutto.
E come si fa a mettere ordine nel caos di un viaggio, per non dimenticare nulla di ciò che abbiamo visto, imparato e vissuto? 
Lo scriviamo.
Ed è la scrittura il tema di questa nuova tappa.
Ne parliamo assieme a Monia Papa, amicizia avvenuta a suon di 140 caratteri in quel di Twitter e donna che del "Coltivo parole come batteri" ne ha fatto un grido di battaglia.

Buona lettura.

Benvenuta Monia, ti va di presentarti brevemente ai lettori del mio blog?
Ciao Sylvia! Che bella casa che hai! E cosa si fa quando qualcuno ci dà il benvenuto in casa sua? Si passano i piedi sullo zerbino. Perché c'è sempre qualcosa da lasciare fuori, qualcosa che non merita di entrare. Quindi inizierei dicendo cosa non sono: una cosa soltanto. Non si può mai chiedere a se stessi di essere una cosa sola. Per questo io dico in giro di essere un demone buono. Che accarezza le ossa con la punta della stilo. Che specilla questo mondo strano fatto di segni (in tutti i sensi) e stilla incanti come se fossero gocce di liquor lasciate lacrimare da una provetta. Insomma, sono una che tra il dire e il fare sceglie sempre il mare. Perché mi piace stare al sole.   
Definizione, per te, di educazione.
L'educazione è quella cosa che ti fa capire che nessuno è completamente un Minotauro ma neanche del tutto Arianna. In compenso siamo tutti un po' labirinto. E l'educazione ancor più che il filo è la mano che il filo lo regge come si regge un bel gioco. Perché l'educazione è qualcosa di terribilmente divertente. Educare è come reggere una scala perché educare vuol dire credere che la vetta sia il posto giusto per chi stiamo aiutando a salire. Educare qualcuno è ispirarlo, aggrovigliare l'ordito al suo e godersi l'arazzo. Solo dove c'è la curiosità di visitare altre trame c'è educazione. Perché l'educazione è la scenografia perfetta per le storie più disparate.   

Definizione di rete.
“Dai a un uomo un guizzo e vedrai brillare i suoi occhi per un giorno, insegnagli ad usare la rete e lo vedrai illuminarsi sempre!” La rete ti cattura e la rete ti fa catturare. Non sempre però una cosa è rispetto all'altra direttamente proporzionale. A volte ci si lascia affascinare più dal mezzo che dal fine (che poi, in fondo, c'è spesso così tanto in mezzo che non sempre andare subito fino in fondo è la cosa migliore).  A volte la rete è come una griglia di riflettori puntati sui nostri occhi e noi a volte guardiamo, a volte vediamo e basta, a volte chi ci vede guarda oltre e a volte chi ci guarda vede in noi qualcosa che gli fa sentire di essere arrivato al porto giusto. E allora si crea un nodo. La rete è questo, in fondo: la possibilità, esaltata all'ennesima potenza, di legarsi agli altri scoprendo il lato più liberatorio dell'essere legati.

Chi scrive regala pezzi di sé come bottiglie lasciate in balìa del mare. E con la rete si possono raccogliere meglio i messaggi.


La rete vissuta dagli adulti e quella vissuta dai ragazzi secondo la tua opinione.
I ragazzi che vivono la rete sono come i ragazzi che si amano di Prévert. Ma allo specchio. Visti al contrario. Perché i ragazzi che vivono la rete, potenzialmente, ci sono per tutti. Pur essendo altrove. La rete è come la vita perché ci sono quelli che fanno e quelli che guardano. Perché sulla rete puoi non esserci, cercando di essere nessuno, ma puoi anche essere qualcuno e qualche volta puoi perfino essere chi sei. Il divario che c'è tra la rete vissuta dai ragazzi e quella vissuta dagli adulti sta quindi proprio in questo: i ragazzi vivono la rete senza sapere (ancora) che vita vogliono vivere e gli adulti vivono la rete il più delle volte senza averlo ancora capito.

"Apprendere in rete" è possibile? Cosa si può imparare navigando sul web?
È possibile apprendere tutto e ciò che non si può apprendere direttamente online è possibile apprendere dove è possibile apprenderlo. Ah no, c'è una cosa che, in toto, non si può apprendere da nessuna parte: la voglia di apprendere. Quella se ne sta appesa a testa in giù in qualche albero che cresce in un posto così remoto che non c'è google maps che tenga e per quanto provi a trovarla con le giuste  stringhe di ricerca lei non è disposta a farsi prendere da te prima di essere certa che non la appenderai al chiodo appena girato l'angolo. Perché con la rete tutto il mondo è dietro l'angolo ma questo angolo bisogna pur essere convinti di volerlo svoltare. E svoltarlo. 


È la rete che si adegua alla parola scritta o è la scrittura a dover correre dietro al web e perché?
Ogni volta che ho un dubbio su chi debba fare il gatto e chi il topo sento le parole di Vico farmi effetto più che un sovradosaggio di Vicodin, così mi siedo nella posizione del loto e penso che i corsi e ricorsi fanno parte della natura delle cose. Come l'amore. E in amore più che chi fugge o chi rincorre vince chi resta. La scrittura e il web devono giocare così la loro partita: sforzandosi innanzitutto di restare, di continuare a lasciare il segno tenendo il punto di una situazione che cambia, sì, ma per quanto cambi nella forma resta sempre umana (troppo umana) necessità di comunicare, nella sostanza. Nessuno deve rincorrere nessuno quindi. Devono più che altro imparare a ballare insieme il valzer. Del resto se una rosa mantiene lo stesso profumo anche se chiamata con un altro nome cosa ci impedisce di credere che anche le parole conservano lo stesso odore pure senza l'odore di carta?   


Web e autori emergenti: cosa permette il primo ai secondi e come quest'ultimi, in effetti, vivono la rete. Proviamo fare anche un'analisi critica?
Mi permetti una metafora giocosa? Lo so che ti piace giocare, (anche) per questo ci stiamo simpatiche. Il web è una scacchiera che offre agli autori emergenti la straordinaria opportunità di farlo davvero quel tanto agognato scacco matto. Scatto matto a quella lì della 3b che mi ha mollato nonostante le avessi scritto la lettera più bella che non fosse mai sbocciata da un quaderno Pigna.  Scacco matto al prof di italiano che “i punti, Alfieri, i punti, devi capire che i punti sono importanti negli scritti come la regina nelle caselle” e mai un voto davvero decente.  Scacco matto a me stesso che non ci ho creduto davvero finché non l'ho visto che piacevo e allora non si trattata più di un atto di fede, non si trattava più di credere. Ma di constatare. Quando ci si muove nel web ci si muove in un gigantesco torneo di scacchi. Peccato che tanti (troppi) autori emergenti giochino a dama. Tu, autore emergente, giochi a dama quando pensi che basti imparare a memoria e seguire pedissequamente qualche piccola regola resa più facile da assimilare come un medicinale fatto ingoiare mescolandolo al succo. Peccato che finisca solo col far(ti) male. Se il web è una partita a scacchi  l'autore emergente deve saper essere una torre quando si tratta di sforzarsi di guardar lontano, saper essere un cavallo che ricorda sempre che non si smette mai di trottare, saper essere un pedone, perché ognuno di noi ha sempre tanta strada da fare e poi... E poi un autore emergente deve saper essere anche una regina. Perché chi scrive e si muove tra il bianco e il nero del web, ora andando più forte, ora andando più piano, non deve mai dimenticare che ciò per cui sta giocando (divertendosi, si spera) è la possibilità di essere il proprio personaggio più riuscito: ciò che si è davvero. 


Scrivi? La rete può metterti i bastoni tra le ruote. O metterti i trampoli se sai come navigare in questo mare.


La narrazione in rete, attraverso blog personali, oggi è un fenomeno esteso: perché tutti scrivono? Come credi che si evolverà, con il tempo?
Tutti scrivono in rete perché con un blog perché non c'è il rischio di ritrovarsi a leggere parole che quando ”chiedi loro qualcosa di ciò che dicono ti manifestano una cosa sola e sempre la stessa”. Perché se la scrittura ha il potere di rinfrescare la memoria la scrittura in rete è un bagno continuo in cui le  acque si rinnovano continuamente. Tutti scrivono anche perché tutti leggono. Anche se tanti di quelli che leggono si limitano a leggere se stessi e a cercare se stessi anche tra le righe delle poche cose che leggono di altri. Cosa succederà quindi a furia di scrivere, scrivere, scrivere e poi rileggersi fino a non poterne più? Succederà ciò che succede sempre quando la quantità di qualcosa è apparentemente molta ma nei fatti poca. Perché è come se si vivesse a strapiombo su un'immensa distesa d'acqua: un click può essere il trampolino per immergersi in un mare di parole. E tutti abbiamo bisogno di acqua potabile come abbiamo bisogno di parole potenti. Ma tra i fiumi di frasi, le falde che zampillano verbi, i laghi artificiali che custodiscono concetti, in mezzo a tutte queste parole a portata di sorso (e di mouse) quanti scritti sono effettivamente in grado di dissetarci? I blog che sono vere oasi nel deserto sopravviveranno a tutte le tempeste di sabbia, quelli che hanno provato a illudere i lettori di essere ciò che non sono con trucchi inefficaci capiranno che hanno seguito la morgana sbagliata e magari torneranno a rifugiarsi nella magia delle parole con più autenticità.  



Il mare magnum di internet ti fa male se scrivi senza stile



Siamo alla fine di questa intervista: ti va di parlare dei tuoi progetti futuri?
Abbiamo già finito? È proprio vero che il tempo (e le parole) volano quando ci si diverte! A me piace tantissimo la parola progetto. Perché è una parola che somiglia a un serpente: si snoda lungo sentieri che a volte non ti saresti mai immaginato di percorrere e quando vieni morso dalla voglia di intraprendere un nuovo progetto è difficile trovare un siero efficace. Il mio personalissimo morso è stato Calamo Scrittorio e il bello di un morso così è che diventa un banchetto in cui non devi neanche prenderti la briga di invitare qualcuno: chi ha la tua stessa fame si accosta a te e a quel punto senti che porterai avanti tutto ciò che serve per saziare i tuoi lettori, a qualunque costo. Per questo c'è stata l'avventura di #Scrittura28 e si è appena concluso il Calamorso e per questo ci saranno i corsi elargiti come caramelle, il progetto Goya e il #Bookaniere. Ci sarà questo e tanto altro per i miei ospiti virtuali (ma non troppo) che, matti quasi quanto la padrona di casa, si sono ribattezzati Calamisti Eudaimoniaci!  


Le immagini e le didascalie presenti in questa intervista sono state scelte e scritte da Monia Papa.

Ringrazio Monia per la gentilezza, la disponibilità e le risate che ci concediamo su Twitter.
Chi ti regala un sorriso, in qualche modo, ti salva...

Le altre tappe  

Elisa Benzi  - Cittadinanza digitale
Roberto Gerosa - Riflessione sui Social
Roberta Zanella - Il linguaggio sul web
Annarita Faggioni - L'informazione sul web
Marta Bignone - L'immagine sul web
Cristiana Tumedei - La creatività sul web 

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