NARRAZIONE EDUCATIVA (esperimento).


Narrazione educativa.
 
Sul web si comunica. Comunicare è una necessità umana, un bisogno ancestrale che nella parola, scritta e non, rispecchia la volontà di ammettere la propria esistenza così come noi la percepiamo.
Attraverso la parola noi rivendichiamo noi stessi ponendoci nel Mondo e in continuo confronto con gli altri. Talvolta confronto cercato, altre sconsideratamente non calcolato e forse non voluto (io comunico verso gli altri per "liberarmi" senza aver l'effettivo bisogno di ricevere una risposta).
Monologhi, riflessioni, dialoghi, gruppi di discussione, forum a tema, Facebook e la sua bacheca, Twitter e i suoi 140 caratteri... Modalità e tempi differenti per mettersi in contatto. Peculiarità diverse di comprensione e caratteristiche particolari per farlo.
Risulterà molto facile la forma del monologo che potremmo, volendo, identificare con il classico status da pubblicare sulla propria bacheca Facebook e che di per sé soddisfa la narcisistica voglia di dire ciò che si pensa a prescindere dal fatto di ricevere una risposta o meno, fino a giungere a quella più complessa del gruppo di discussione dove, chi comunica, lo fa per confermarsi davanti ad altri, mettendosi in gioco e attendendo un feedback di ritorno.
 
Ce ne sono altre, di forme, ovvio e io come educatrice mi chiedo in quale tra queste può instaurarsi una comunicazione di tipo educativo che a differenza delle altre deve essere intenzionale, reciproca, empatica e circolare, nel senso che, partendo da un soggetto ha lo scopo di  far a questo ritorno dopo essere stata arricchita dal pensiero altrui. Divenendo così altro.
Un tipo di comunicazione che non rimane uguale a se stessa, ma che arricchisce chi in essa è coinvolto: A comunica a B il quale accoglie in sé il racconto, lo confronta con le proprie esperienze, lo rielabora riproponendolo ad A in nuova forma, il quale potrà rivedere il proprio vissuto da un altro punto di vista.
 
Quali generi, allora, di comunicazione sul web possono soddisfare questo tipo di esigenza?
 
Con Snodi Pedagogici abbiamo tentato di percorrere questa via con i Blogging Day, che ben presto avranno modo di essere riproposti e rivisti per capirne il potenziale pedagogico, in una chiave di lettura educativa di tutta questa esperienza, attraverso un'antologia che speriamo di pubblicare a inizio autunno.
 
Io, ora, mi soffermerei invece sulla narrazione che per me, in un modo talvolta poetico e altre fantastico, nel senso che non sempre ciò che viene narrato coincide con esperienze dirette, avvia questo processo anche se in maniera semi-circolare perché il feedback, la risposta, non sempre è contemplata: posso leggere un racconto, può suscitare in me emozioni, ma anche se pubblicato su un blog con la possibilità di commentarlo, non sempre si avverte il bisogno di farlo.
Certo, per narrazione educativa intendo quella capace di suscitare uno scambio, ma anche nel silenzio v'è quella importante dimensione riflessiva che, con il tempo porta al cambiamento.
 
Ora ti propongo questo brevissimo esperimento, un racconto che in origine ho pubblicato sulla mia bacheca Facebook e che ha suscitato parecchie risposte, tutte relative a personali chiavi di lettura,  nonostante la sua a-temporalità, la mancata definizione di chi siano i protagonisti e i fatti che hanno portato a questo loro piccolo dialogo.
Credo che queste, secondo me, siano caratteristiche necessarie per questa particolare tipologia di narrazione, quella tendente a non identificare un qualcosa ma di invitare il lettore a una personale interpretazione senza dire quale, tra le molte, possa essere quella giusta, poiché l'obiettivo è quello di invitare chi legge a sentirsi chiamato in causa, collegando il racconto ai propri vissuti, rielaborandoli attraverso la narrazione ed uscirne arricchiti nella maniera in cui ciascuno è riuscito a farlo.
 
No, non è facile per niente poiché ci vuole una certa abilità bel saper trasmettere tutto questo nel racconto. Ma l'educazione richiama sempre alla sfida di percorrere nuove vie, alla scoperta di sé.




"TRAMONTO A SAN PIETRO IN VOLTA" - 1958
Guido Baldessari


"Hai qualche idea?"
"No, nessuna... In questo momento non mi viene in mente nulla..."

- Cala il silenzio. Da una parte chi percepisce il dolore altrui nell'aria, dall'altra chi in questo sprofonda -

"Ti verrà in mente qualcosa, dai..."
"Non lo so, a questo punto mi chiedo se ne valga la pena..."

- La discussione subisce un ulteriore stop. Da una parte chi osserva l'amico ferito, percependone la sua aspra rassegnazione. Dall'altra chi guarda dalla finestra, senza vederlo realmente, il cielo grigio di una mattina di luglio. Non lo vede, perché ce l'ha dentro e l'estate è lontana, in tutti i sensi.

"Ti verrà qualche idea, vedrai!"
"Tu lo credi? Lo credi davvero? Amico mio, mi hanno portato via tutto..."

- Il senso di frustrazione che si sente rende quella stanza ancora più piccola, calda e soffocante -

"Sì! A te viene sempre qualche ottima idea!"

- E ciò viene detto con tanta sincerità che l'altro, finalmente, vede. -

"Tu lo credi davvero?"
"Sì, lo hai sempre fatto e io ho fiducia..."

- Qualche istante dopo un raggio di sole squarcia la spessa coltre di nubi, ricordando ai due che oltre il buio c'è sempre altro. Da scoprire e vivere. Credendo sempre in se stessi, al cielo stellato intriso di sogni che tutti abbiamo dentro -

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